Mario Ceroli al Mambo di Bologna

Abruzzese d’origine e romano d’adozione, docente di scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna, Ceroli ha sempre lavorato a stretto contatto con la materia viva: legno, ferro, vetro, terre colorate, stoffe, cenere. Ha aderito alla Pop Art e all’Arte Povera inseguendo sempre una personale cifra stilistica. L’ampia rassegna antologica che il Mambo gli dedica, è composta da 47 opere e ripercorre la sua intera vicenda creativa, comprendendo alcune delle più celebri installazioni ambientali di grandi dimensioni, oltre a nuovi lavori presentati appositamente in questa occasione.
Ceroli ha pensato la mostra come un unico progetto, scultoreo e architettonico al contempo, facendolo diventare un solo corpo in cui attraverso un attento gioco di rimandi e connessioni le opere costituiscono la versione “esplosa” di uno spazio inventato dall’artista: nel percorso espositivo i lavori storici dialogano e si confrontano dialetticamente con i più recenti sfuggendo a criteri cronologici e storiografici.
Il titolo “faccia a faccia”, infine, fa riferimento al confronto tra l’umano e il divino che proprio il grande salone centrale del MAMbo, così simile a una cattedrale, ha ispirato. Le opere realizzate, tra l’altro, a partire dalla fine degli anni Sessanta scandiscono una progressiva estensione spaziale dell’artista con una forte tensione scenografica e teatrale, segnando l’inizio di un fertile impegno in un ambito di attività che lo porta ad affermarsi tra i più originali autori nella storia della scenografia italiana contemporanea per il teatro di prosa e musicale, collaborando – tra gli altri – con Pier Paolo Pasolini e Luca Ronconi. (da il Fatto Quotidiano Emilia Romagna)

Esploso a metà degli anni '60, "il falegname" dell'Arte povera -com'era definito sarcasticamente per l'univoco uso del legno (il pino di Russia) e per le forme facilmente riconoscibili (sagome bifacciali, figure geometriche, lettere, numeri) dal gusto artigianale- espone opere dal '62 sino al 2003.
Scopriamo la conquista del "tuttotondo" insieme all'utilizzo di materie naturali caratterizzate da specifiche gamme cromatiche (vetro, ferro, terre), ne La barca del '68 col suo "sprazzo" d'azzurro e nei più recenti 365 contenitori modulari de I colori del Sole del '93, sacrificati nella preziosa ma insufficiente Sala sveva, insieme agli inediti 7 personaggi in cerca d'identità del 2003, statue polimateriche che fanno rimpiangere le complesse installazioni al primo piano.
Qui, “spettacolarizzazione dell'evento plastico" nella Battaglia (78/79) -dove spicca "la bandiera rossa" dialogo visivo con Paolo Uccello e concettuale con Pasolini- e nei "personaggi totemici" (L'Angelo ferito, 1999), aggressivi e provocatori,"nuovo balletto meccanico di futuristica memoria". (da Exibart)






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